“Dopo Dio, c’è Maira”, quella frase ascoltata casualmente all’ingresso del Bar, mi condusse verso la decisione finale. A quella, aggiunsi una serie di sensazioni e un istinto fedele, lo stesso che mi aveva accompagnato dall’inizio della mia storia. Lo seguii e fu la scelta giusta.Proprio io, sempre così insicura di tante cose: mi alzai, sedendomi sul letto, e mentre ognuno blaterava nomi e soluzioni diverse, li bloccai. «Ho deciso – annunciai serafica – resto qui». Scelsi il professor Maira, un uomo piccolo e riservato, vestito di un camice che trapelava umiltà e dedizione. Un luminare che fece il più grande dei miracoli.
Ancora ricordo il giorno dopo l’intervento.
Avevo gli occhi chiusi, non ero preparata, improvvisamente lo trovai di fronte a me
. “Buongiorno” dissi con voce emozionata.
– “Buongiorno! Che bella voce squillante… finalmente! E’ andato tutto bene?”
Non capii lì per lì se fosse un’affermazione o una domanda ma non volli approfondire. Mi accontentai della sua voce e di quella sicurezza che sapeva infondere al minimo cenno. Mi fece muovere gli occhi, disse solo: “Vediamo con un intervento di sistemare qui”. Tra me e me pensai con terrore all’ipotesi di un altro intervento imminente, ma non replicai, accennando un mezzo sorriso di fronte alla sua pacata autorevolezza. Lui poteva dire tutto, poteva prospettare tutto. Al salvatore, pensai, non si negano supplementi di sacrificio, se vale la salvezza. “Ora muova le mani”. La mano sinistra tremava come una foglia. Mi fece fare un po’ di esercizi, mi chiese di muovere ancora le gambe e poi ricominciò. “Muova le mani, gli occhi, la gamba destra e ora quella sinistra”. Mi fece delle domande, mi chiese di dire parole difficili e poi guardò il medico al suo fianco e con gli occhi bagnati dalla commozione disse:
– “Siamo davanti a un miracolo della medicina”.
….commossa lo guardai e lo ringraziai sfiorando la sua mano.